
Ho voluto provare un servizio online che so essere stato oggetto di cure da parte di un team di User Experience Designer che conosco, e che considero piuttosto bravi.
Mi sono registrato al servizio - con i miei dati veri, se aveste il dubbio - ed ho fatto un giro. L'interfaccia mi è piaciuta molto: lineare, pulita, essenziale senza risultare scarna, non un pixel fuori posto. Davvero un buon lavoro che non credo avrei saputo fare meglio. Ma c'è un ma, purtroppo, o non ne scriverei.
Il "ma" è che il servizio non ha alcun senso, le tariffe proposte non sono interessanti (e con questo accenno, qualcuno forse capirà di cosa parlo), le informazioni fornite assai poco chiare.
La sensazione che ho provato (si, ok, sono un po' difficile io, ma concedetemelo...) è stata un po' quella di guidare una supercar (rosso fuoco, linea mozzafiato, sedili in pelle, finiture extralusso, ogni comando proprio dove mi sarei aspettato...) ma con un motore spompato e le sospensioni scricchiolanti da utilitaria un po' datata.
Insomma, un gran lavoro di User Experience Design ma una grossa User Experience Delusion. Peccato davvero.
Per una divertente coincidenza, il giorno che Maple ha deciso di pubblicare il nuovo logo è coinciso con il giorno in cui Google ha presentato il suo rebranding, lanciando il suo nuovo logo.
A differenza di Google però, noi di Maple (nel nostro minuscolo, al confronto...) abbiamo invece deciso di tornare al logo di alcuni anni fa, rivisitandone solo alcuni tratti minori per renderlo più leggibile sul web.
Nostalgia? No, affatto. E' successo un po' come quando mettendo in ordine il guardaroba si ritrova un maglione messo via qualche anno prima in favore di un capo nuovo, magari nel "colore moda", che il quel periodo ci piaceva di più e ci sentivamo meglio addosso.
Beh, mettendo in ordine un po' di cose al maplelab prima della piena ripresa settembrina ci siamo ritrovati per le mani (o meglio sotto il mouse...) il "vecchio" logo. E ce ne siamo innamorati di nuovo. Innamoramento da designer - ovviamente - quindi un innamoramento fatto di forma e funzione, più che di chimica.
Tornando alla metafora del maglione, abbiamo fatto giusto un rammendino ad un paio di curve di Bézier di un paio di caratteri del font di base e adottato il giusto Pantone.
Detto ciò, a noi il nuovo logo di Google non convince particolarmente per varie ragioni, ma può darsi a voi non piaccia il nostro. Nel caso fatecelo sapere, ci farebbero piacere anche le critiche.
In questi giorni si è fatto un gran parlare di un nuovo sito voluto da un Ministro, un sito che ha raccolto molte critiche da parte di altrettanti "addetti ai lavori". Non citerò il sito - i più avranno capito - perché non mi interessa il caso specifico, ma la morale che se ne può ricavare.
Dopo le prime raffiche di valutazioni tecniche e meno tecniche su giornali, blog e social network, le ipotesi che la realizzazione fosse fruttata all'agenzia ben 5 milioni (sembra invece "solo" 35.000 euro) per mesi di lavoro, una verità sembra essere emersa: il tutto è stato fatto in dieci giorni di calendario.
E subito i tempi stretti sono stati accettati da molti come una ragionevole giustificazione della bassa (o assente) qualità del lavoro. Giustificazione da parte degli autori (che non compiango...), del committente e di una certa parte dei critici del primo momento.
Personalmente, sono di altro avviso. Certe commesse vanno rifiutate proprio perché i tempi non sono compatibili con la qualità minima attesa per il risultato, non sono compatibili (e rispettosi) dei normali ritmi di lavoro creativi e tecnici, non sono giustificati da reali urgenze.
E' urgenza una falla in una diga, è urgenza salvare un infartuato, è urgenza rispristinare la linea elettrica di una fabbrica, non rilasciare il decimo sito di pseudo-informazione turistico culturale. Ma se anche fosse, se davvero l'urgenza fosse tale, l'urgenza andrebbe fatta gestire a che ne è davvero capace.
In Italia non sono molti - mi metto da parte, così non c'è il dubbio che la mia suoni come una candidatura al remake - ma i professionisti veri dell'emergenza ci sono, come ci sono agenzie e studi con le spalle abbastanza larghe per "reggere" carichi di lavoro eccezionali in situazioni eccezionali.
La prossima volta, sempre sperando non ci sia una prossima volta, spero davvero che all'invocazione "C'è un medico in sala?" risponda un vero medico di pronto soccorso, non un pasticcione "che ci prova".

Come forse ricorda chi ha avuto occasione di seguire un mio speech oppure una mia lezione sul Service Design, apro quasi sempre con una frase che lo spiega con l'esempio del bar e del caffè: "Quando avete due bar che vendono lo stesso caffè allo stesso prezzo...".
Beh, ieri ho avuto una nuova dimostrazione di quanto corretto sia come esempio, nella sua apparente semplicità.
Giorni fa ero a Cerveteri di passaggio, siamo entrati al "Bar Centrale" per un caffè, o meglio tre caffè: "Uno corto, uno lungo ed uno Hag". Il destinatario del caffè corto (quello lungo era il mio) ha chiesto se potesse usare la toilette. Il barista ha risposto di sì, scusandosi per la serratura rotta dell'antibagno.
I caffè sono arrivati (ottimo il mio lungo, tra l'altro) buono l'Hag (così mi ha detto chi l'ha bevuto) e quello corto era ancora sul bancone in attesa del ritorno dalla toilette. Dopo meno di 10 secondi che il caffè corto era sul bancone, il barista ha coperto la tazzina con un secondo piattino, per tenerlo caldo. Una attenzione che non vedevo da almeno una ventina d'anni e che mi ha ovviamente colpito.
La prossima volta che comincerò una conversazione in pubblico, potrò citare un bar con nome e cognome, non due bar generici.
PS: Dopo il caffè ho usato la toilette pure io: la porta dell'antibagno aveva effettivamente la serratura guasta, ma il bagno l'aveva funzionante ed era in perfetto ordine e pulizia.