Falling to Succeed - Sbagliare per avere successo

Sbagliare è umano, le imprese sono fatte da imprenditori, gli imprenditori sono umani e quindi possono sbagliare. Il punto è che nella nostra cultura - non direi solo italiana - l'errore, il fallimento, non sono così accettati. Non lo sono nella sfera personale (una bocciatura, un matrimonio fallito, un'amicizia sbagliata, ...) ma ancora meno nella vita professionale ed imprenditoriale.

Di fallimenti si è parlato il 16 novembre a Roma per "Falling to succeed", incontro organizzato da BAIA , in collaborazione con l'Ambasciata Americana a RomaMETA GroupWorking Capital di Telecom Italia. Nonostante siano mancati un paio degli ospiti attesi l'occasione è stata profiqua se non altro per la novità del tema. Forse la piega presa dalla discussione è andata un po' troppo verso l'argomento "star-up tecnologiche" ma meglio di nulla. Cosa è stato detto? Due cose importanti: nessun imprenditore può avere la certezza di non fare errori (Gianluca Dettori di dPixel e Gabriele Gresta di Digital Magics ci hanno raccontato quelli fatti da loro) , la società americana  - come ci ha confermato l'ambasciatore USA in italia David Thorne - è più propensa ad accettare l'errore imprenditoriale come "normale". Anzi, almeno secondo l'occhio dei Venture Capital, quasi meglio un imprenditore che ha già alle spalle delle eperienze negative di uno alle prime armi.

Personalmente ritengo sia un po' mancata una riflessione che ho invece fatto tante volte: sbagliare ci sta, fa parte del gioco, ma il "come si sbaglia" è fondamentale. Un po' come dire che ci deve essere un metodo anche nel fare errori, che la possibilità dell'insuccesso va messa "a budget" e che è fondamentale avere un "piano b" come via d'uscita.

Giornalismo Digitale (iper)locale

Sabato 13 novembre ho partecipato all'interessante incontro "Giornalismo Digitale (iper)locale" ospitato dal DigiLab dell'Università La Sapienza. Un prima nota sulla struttura che ci ha ospitato, le ex Vetrerie Sciarra: non so come funzioni realmente oggi l'Università, certo è che ai "miei tempi" spazi come quello non riuscivamo nemmeno ad immaginarli, figuriamo a sognarli. Accantonato il momento amarcord, veniamo al dunque.

Si è parlato di giornalismo locale e iperlocale, in un clima molto amichevole ed informale favorito dall'ottima conduzione (e dall'eccellente inglese) di
Mario Tedeschini Lalli, cercando di rispondere ad un bel numero di domande sul futuro del settore dell'informazione digitale in generale e del giornalismo in particolare. Presenti in sala un centinaio tra giornalisti, aspiranti tali, studiosi, qualche studente (meno di quanti mi aspettassi, a onor del vero) ed un certo numero di persone che, come me, si occupano di editoria ed information architecture sotto vari aspetti diversi ma che giornalisti non sono pur produicendo informazione e contenuti.

Ben riuscito il programma della mattina ma ancora più interessante quello del pomeriggio, grazie al collegamento via Skype con alcunio editor del
CharlotteObserver.com, Patch, The Seattle Times e Yahoo! e le interessanti sessioni di domande e risposte che si sono sviluppate. Se lo scopo dichiarato di gettare le basi per la nascita di una ONA Italia sia stato raggiunto O MENO non saprei dirlo, certamente seguirò gli sviluppi con interesse ed invito quanti fossero interessati al tema a visitare il wiki dove sono molte informazioni dettagliate sull'evento e riferimenti precisi per approfondire.